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Montestella

ARTISTA: Marlin Dedaj

SPAZIO ESPOSITIVO: Stecca 3, Milano
ANNO: 2022

L’antropologa Jane Jacobs sosteneva che le forme urbane dovrebbero emergere lentamente e gradualmente, seguendo le lezioni dell'uso e dell'esperienza. Criticando il modello di sviluppo delle metropoli del XX secolo, la studiosa americana non metteva in discussione il valore in sé del progetto urbano, ma enfatizzava il valore del distretto, del quartiere, della strada. Una vicinanza tra progetto e fruitori che favoriva funzioni essenziali nell’ambito urbano come la sicurezza, lo sviluppo dei contatti umani, l’integrazione dei ragazzi. Queste funzioni corrispondono, secondo studiosi come Mario Albertini, a caratteristiche urbane che riguardano in primo luogo le strade, i marciapiedi, i parchi: luoghi in cui la frequentazione stessa da parte dei cittadini li rende sicuri, potenzialmente ricchi di contatti umani, e adatti ai ragazzi di diverse età in cui possano “acquisire naturalmente le forme di vita e il costume della città” (Albertini, 1984).

 

Il parco di Montestella, fotografato dall’artista Marlin Dedaj nel suo progetto a lungo termine sui parchi milanesi, possiede sicuramente alcune di queste caratteristiche di vicinanza e partecipazione, pur essendo un luogo nato da una pianificazione decisa dall’alto negli anni del dopoguerra. La felice intuizione dell’architetto Paolo Bottoni di trasformare un accumulo di macerie - causato da bombardamenti e demolizioni - in un parco a forma di piccola montagna, ricorda la famosa collina artificiale del Teufelsberg a Berlino; anzi la precede di alcuni anni, pur essendo Montestella più contenuto nelle dimensioni.
L’uso che i milanesi hanno fatto del Montestella non è stato sempre dei più edificanti. Durante gli anni sessanta e settanta divenne spesso una discarica a cielo aperto dove conferire materiale più o meno lecito. Ma se riconsideriamo le parole della Jacobs per cui “le forme urbane dovrebbero emergere lentamente e gradualmente” possiamo legittimamente eleggere Montestella a esempio di urbanistica intelligente e progetto condiviso tra abitanti e decisori, come hanno dimostrato i decenni successivi.
I numerosi slittini dei ragazzi che ogni inverno solcavano i pendii dell’unico rilievo milanese hanno ispirato gli organizzatori di gare sciistiche meneghine e impianti di risalita urbani, dove si cimentò anche un giovanissimo Alberto Tomba. Erano i primi anni ottanta, periodo di intense nevicate che paiono un ricordo troppo lontano nel tempo. Negli stessi anni, Montestella divenne location per affollati concerti e Feste dell’Unità, dando il nome anche a un’emittente locale, Radio Monte Stella. In anni più recenti è stato inaugurato sul Montestella anche il primo giardino italiano dedicato ai “giusti” che si opposero a genocidi e crimini contro l’umanità.

Le fotografie di Marlin Dedaj ci raccontano i frequentatori di Montestella dei nostri anni. Uno spazio pubblico dove si incrociano nuovi e vecchi milanesi, gente di passaggio e residenti, sportivi e flâneur. Mondi che si incontrano in una città mondo, ritratti in un bianco e nero che va dritto al punto, preciso e potente. La natura è lasciata sullo sfondo, mentre le luci modellano i soggetti colti nella loro dignità, giocando tra intimità e fierezza. Gli sguardi intensi nascondono storie non dette che accompagnano il nostro pensiero in altri punti del globo.
Dedaj riesce a restituirci un ritratto della Milano multietnica scattato in uno specifico luogo, microcosmo della metropoli nato dalle macerie di uno scontro, che è diventato spazio pubblico di incontro.


 

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